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LE ISTITUZIONI DELLA SOCIETA’ ROMANA

In età arcaica la parte più potente ed influente della popolazione era rappresentata dalle gentes, le casate più antiche, che ricoprivano tutti i ruoli religiosi e civili e possedevano gran parte dei terreni. Ognuna delle gentes aveva nuclei più piccoli, le familiae, le quali avevano sempre un pater familias. Fra i patres delle famiglie più illustri erano scelti i membri del Senato. Le gentes si dividevano in trenta curie, che a loro volta erano divise in tre tribù, radunandosi nei comizi curiati. Il resto della popolazione libera era la plebe, i quali erano più deboli economicamente. La plebe era esclusa dalla vita politica, dal momento che non potevano permettersi un’armatura, essendo il diritto politico legato al dovere militare. I re etruschi si batterono per sostenere i ceti emergenti, infatti Servio Tullio nel VI sec. a.C. divise la popolazione maschile in 193 centurie e 5 classi in base al reddito. Ogni centurai poteva esprimere un solo voto nelle assemblee. Servio Tullio creò anche i comizi tributi, dove ogni tribu aveva un voto, che presero un potere legislativo sempre più grande. Tuttavia, dato il comportamento assolutistico degli ultimi re, le gentes romane fecero cadere la monarchia, cercando di istaurare un sistema repubblicano dove il potere non fosse più concentrato nelle mani di un solo individuo: nacquero così nuove magistrature temporanee ed elettive. In ordine sono: consoli, pretori, questori, edili, censori, dittatori. Un ruolo fondamentale lo aveva il Senato, dove entravano di diritto gli ex magistrati. Col tempo la costituzione romana si modifico e raggiunse pienamente la forma tipica della res publica, caratterizzata dall’interazione magistature-Senato-popolo. In questo percorso furono determinanti le lotte tra patrizi e plebei, come la secessione del 494 a.C., che si concluse con la conquista della parità di diritti. La plebe ottene il potere di eleggere i propri rappresentanti, i tribuni della plebe, che avevano il diritto di veto. In seguito i plebei ottennero anche la possibilità di accedere alle magistrature e quindi al Senato. Tuttavia la democratizzazione dello Stato non era ancora completa, dal momento che i patrizi rivestivano le cariche religiose, che avevano il monopolio sull’interpretazione delle leggi. Quindi per i plebei la sottrazione agli aristocratici dei privilegi religiosi era fondamentale per il raggiungimento della parità dei diritti. Con il tempo tuttavia lo studio del diritto e la stesura di numerose leggi (come le XII Tavole) portò ad una limitazione progressiva del potere dei pontefici. Il monopolio ecclesiastico dei nobili terminò del tutto nel III sec. a.C., non a caso il periodo in cui nacque la letteratura latina.

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